La filosofia della felicità nella prevenzione della malattia e nella promozione del benessere psicofisico: coltivare la gioia nella propria vita

Come nascono la sofferenza e la gioia nella nostra vita?

Facendo questa domanda ad alcune persone in un gruppo di sviluppo della consapevolezza agevolato da me, mi sono sentito dare risposte diverse. Qualcuno soffre perché non si sente accettato. Qualcuno perché non ha il giusto rapporto con i familiari. Qualcuno perché non ha mai avuto l’abbraccio che chiedeva. Tanti soffrono per dei ricordi, cose che sono accadute in passato e che hanno un impatto negativo sul presente, dal punto di vista emotivo. Molti ancora, soffrono perché sono tormentati da sensi di colpa di vario tipo. Sono i tanti dovrei e i tanti avrei dovuto che conosciamo tutti, chi più chi meno bene.

La gioia nasce dal sentimento di unione con il tutto

Dalla condivisione di gruppo è emerso chiaramente che la gioia nasce dal sentimento di unione con il tutto che si sviluppa all’interno di relazioni armoniche basate sull’accettazione reciproca, sulla condivisione, sulla pace della mente. La felicità nasce da cose semplici come poter stare tra le braccia del proprio amato, poter sentire le risate dei propri figli, guardare un panorama luminoso e starsene un po’ di tempo rilassati evitando di lottare.

Per essere felici abbiamo bisogno di poco

L’esperienza della realtà ci dice che per essere felici abbiamo bisogno di poco. Tutto quello che facciamo in accordo con il flusso vitale ci rende felici. Quando percepiamo dentro di noi la vita e lasciamo che fluisca, ci sentiamo felici. Correre, cantare, ridere, suonare un bicchiere di vetro, fermarsi ad odorare un fiore profumato. Gli esempi possono essere infiniti come infinita è la vita: sono azioni che ci rendono felici quando compiute nella pienezza della presenza.  Praticamente, qualunque cosa vissuta per quello che è, e quindi non paragonata a come potrebbe o dovrebbe essere, è liberatoria.

La vita reale ci sfugge

Quando siamo nei nostri pensieri automatici, la vita reale ci sfugge. La mente condizionata ci dice che possiamo essere felici solo se abbiamo alcune cose, possiamo godere solo se abbiamo un corpo sano, un partner, una casa accogliente, la stima e l’amore delle  persone che ci sono accanto e che dobbiamo lottare per averle. Ci sprona ad eliminare la differenza fra ciò che è e come dovrebbe essere. Ci sprona a cercare continui nuovi ordini formali, nei quali inscatolare la vita.

Cerchiamo il piacere ed evitiamo il dolore

L’abitudine a cercare l’ordine, la struttura, la prevedibilità, la sicurezza del conosciuto è probabilmente innata e funzionale. Entriamo a far parte del mondo cercando il piacere ed evitando il dolore. Ed il piacere pare essere particolarmente correlato ad una moderata dose di ansia e all’equilibrio tra i diversi bisogni presenti nella vita della persona. In questo non c’è niente di sbagliato. Tutti vogliamo un tetto, degli amici, l’amore di un partner, la buona salute.

La mente condizionata

Di tanto in tanto, però, amiamo rompere le routine. Il problema nasce quando ci identifichiamo totalmente con la mente condizionata. La nostra mente abitudinaria è come una macchina estremamente complessa che ci aiuta nell’adattamento all’ambiente. Possiamo parlare, avere scambi quotidiani con altre persone, evitare pericoli grazie a questa macchina.

Dire di sì e grazie alla vita

Il problema nasce quando non siamo più capaci di parcheggiare la mente ordinaria. Allora la gratitudine di esistere lascia il posto alla delusione di non avere ciò che la mente condizionata ci sprona ad avere. Incominciamo a dire di no, non posso essere felice a condizione che, e questo ci porta oltre la dimensione del presente, trascinandoci nella spirale dell’infelicità. Per ristabilire le condizioni della felicità, non ci resta che da fare due cose molto semplici. Dire di sì alla vita, mantenendo la presenza, e dire grazie sempre e comunque per ciò che la vita ci offre.           

Dott. Lucio Buonomo/ Psicologo-Psicoterapeuta

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