Enneagramma dei caratteri:

un metodo di autoconoscenza per lo sviluppo di relazioni umane positive

Il termine carattere deriva dal greco incisione ed allude a qualcosa che è fisso e stabile nel tempo. L’esperienza comune che facciamo di noi stessi è infatti quella di essere autoriflessivi, strutturati e relativamente stabili nel tempo nei nostri tratti caratteriali fondamentali. Ci percepiamo inoltre diversi uno dall’altro per gusti, attitudini morali, valori e stili di adattamento. Uno dipendente, l’altro autonomo; uno razionale, l’altro emozionale; uno immaginativo, l’altro concreto; uno estroverso, l’altro introverso e così via.

I più consapevoli intuiscono che il modo in cui siamo fatti, il carattere che abbiamo sviluppato, può essere fonte di sofferenza o al contrario può contribuire alla riduzione della sofferenza. Nel senso comune diciamo infatti essere di buon carattere o di carattere difficile, proprio per indicare la facilità o la difficoltà di relazionare a seconda del carattere.

Non stupisce dunque che filosofi, psicologi, mistici e specialisti del comportamento, si siano interessati fin da tempi remoti allo studio del carattere ritenendolo essenziale ad individuare le cause della sofferenza per potervi porre rimedio.

Uno dei tentativi di descrizione e classificazione dei vari tipi psicologici più riusciti ed utili è l’enneagramma delle personalità. L’enneagramma è uno strumento antichissimo di conoscenza dell’universo. Secondo la tradizione sapienziale esoterica sarebbe stato utilizzato circa 2500 anni or sono dai mistici sufi (sorta di francescani islamici) e poi diffuso anche nella tradizione orale cristiano-gnostica.

In tempi più recenti, l’enneagramma ha fatto la sua comparsa in Occidente, anche se in modo segreto, grazie a George Gurgjjef, maestro spirituale e fondatore della Quarta via. Oggi Quarta via è un movimento di sviluppo personale ispirato alla figura del maestro che si avvale di pratiche di attenzione e meditazioni dinamiche finalizzate al risveglio della persona alla propria natura divina.

Successivamente ripreso da Oscar Ichatzo e poi da Claudio Naranjo, che lo ha integrato con riferimenti al DSM (Manuale Statistico Diagnostico, utilizzato dagli psichiatri nel mondo per fare diagnosi e prognosi), l’enneagramma ha avuto una grande diffusione in tutto il mondo ed è oggi utilizzato soprattutto come strumento di conoscenza della personalità e modello descrittivo dello sviluppo umano.

L’enneagramma della personalità descrive 9 tipi di personalità e 3 sottotipi per ogni tipo, individuati sulla base di motivazioni sessuali (piacere), sociali (di affiliazione), conservative (istinto di conservazione).

I 9 tipi di base nella tradizione di Quarta via vengono nominati semplicemente facendo riferimento ai numeri, mentre Naranjo utilizza una terminologia che riecheggia la terminologia religiosa. Abbiamo così una ripetizione dei 7 peccati capitali conosciuti nella tradizione cattolica più 2 (vanità e paura) che non appartengono a questa tradizione. Rispettivamente ed in sequenza, disposti lungo una circonferenza, abbiamo: il tipo 9 (accidia), seguito dal tipo 1 (ira), dal tipo 2 (orgoglio), dal tipo 3 (vanità), dal tipo 4 (invidia), dal tipo 5 (avarizia), dal tipo 6 (paura), dal tipo 7 (gola), dal tipo 8 (lussuria).

L’enneagramma viene rappresentato graficamente come una stella a 9 punte, inscritta in un cerchio per simboleggiare l’equidistanza dal centro di ogni tipo psicologico. Su ogni vertice è collocato un numero o tipo psicologico che Naranjo chiama per comodità di sintesi enneatipo. Ogni enneatipo si trova in rapporto dinamico con tutto l’enneagramma ma in particolare con il tipo di fronte e con quello che lo precede e lo segue.

Così, ad esempio, il tipo 1 ha un rapporto con il tipo 4 e con il tipo 7. Inoltre è vicino, cioè ha qualcosa in comune dal  punto di vista del carattere, ai tipi 9 e 2. Ancora seguendo con gli esempi, il tipo 6 ha un rapporto con il tipo 9 e con il tipo 3, mentre subisce l’influenza dei tipi 7 e 5, suoi vicini, e così via.

Ogni tipo può aver sviluppato una determinata tendenza a comportarsi in maniera ancora più specifica a seconda che la preoccupazione di base riguardi:  a) sopravvivenza fisica; b) sessualità (generalmente relazione di coppia);  c) vita sociale. Per ogni tipo avremo quindi un sottotipo autoconservativo, sociale o sessuale.

E’ evidente che chi ha ideato l’enneagramma seguiva una sua logica strutturale. In particolare, l’idea centrale è che la creazione sia il frutto di una azione dinamica tra 3 forze interagenti. Non è una idea nuova. Nel cattolicesimo abbiamo l’idea della trinità e in India prevale la trimurti induista, rappresentata simbolicamente da 3 forze: Brahma, Visnu e Shiva. Nella filosofia occidentale abbiamo l’idea della tesi e dell’antitesi che danno vita alla sintesi, mentre in Cina l’idea è quella dello Yn (polo positivo) e dello Yang (polo passivo), che combinandosi in vario modo pervengono alla sintesi delle diverse forme.

Avendo chiara la logica costitutiva del modello, possiamo adesso vedere meglio come i tipi psicologici emergono dall’interno della rete di relazioni sociali e come siano più specificamente in rapporto tra di loro. Il primo triangolo che andiamo a prendere in considerazione è quello costituito dal 9, dal 6, e dal 3 (triangolo base dal quale si sviluppa tutto l’enneagrama).

L’enneatipo 9 rappresenta l’accidia, tipo di pigrizia che non necessariamente si traduce in riduzione delle attività: spesso si verifica infatti proprio l’opposto. Il 9 tende a prestare attenzione ai bisogni altrui trascurando se stesso e per far questo unisce alla mancanza di attenzione per se stesso (introspezione) il movimento fisico volto all’esterno, al raggiungimento di obiettivi esterni. E’ vittima di una sorta di dimenticanza di se stesso che in gergo spirituale viene definita anche pigrizia e che provoca una perdita di sé e una resistenza al cambiamento psicologico. Si presenta come un buono, contento e generoso con spiccate dosi di mediazione. Assolutamente deciso a non entrare in conflitto con il mondo, si commuove con facilità ed è molto socievole, ligio al dovere, un buon lavoratore. In tutti i casi è collaborativo e coltiva un grande senso dell’appartenenza sociale. Appare evidente sia il forte tratto di dipendenza sia la rimozione dell’aggressività. In sostanza, piuttosto che fare valere le proprie ragioni, sembra orientato a non creare problemi e a trovare sempre un accordo che metta insieme armonicamente tutti gli elementi in campo conflittuale.

Tipici esponenti di questa tipologia sono i sindacalisti, gli ingegneri, i semplici che si attengono al senso letterale delle cose e per i quali la vita è molto concreta. Spesso sono figli di genitori super-impegnati ed hanno dovuto sobbarcarsi la cura degli altri fratelli (iper-responsabilizzati), con spirito di sacrificio, rinunciando a se stessi. Per queste persone, la ricerca dell’amore passa attraverso il rimboccarsi le maniche e lavorare sodo. Lo stereotipo letterario è rappresentato da Sancho Panza, il fedele scudiero di Don Chisciotte, mite e servizievole, tanto concreto quanto delirante è invece il suo padrone.

Al polo opposto del triangolo troviamo il tipo 6, il pauroso. Se il 9 è dipendente e socievole, poco attento ai dettagli e naturalmente obbediente, il 6 è al polo opposto, controllante, diffidente e ambivalente nei confronti dell’autorità. Si tratta di persone che hanno avuto genitori severi e finanche violenti, autoritari ed arbitrari. Poco inclini alle spiegazioni, molto più disposti ad imporre le regole che a discuterle, questi genitori hanno saputo creare un clima carico di minaccia e pericolo dal quale i 6 si sono dovuti difendere sviluppando un carattere a volte sottomesso e altre apertamente ribelle. Dunque, insieme obbediente per forza di cose e segretamente trasgressivo, rancoroso oppure apertamente ribelle, il tipo 6 è costretto a convivere con l’ansia di essere punito, con la preoccupazione di dover fare la cosa giusta e di non sapere affatto come farla.

Il tratto comune a tutti i tipi 6 (sociale, sessuale e conservativo) è l’ansia generalizzata che li costringe ad uno stato di vigilanza continua. Essendo stati nell’impossibilità di godere di una guida attenta ed empatica, essi sono cresciuti nel dubbio e nello scetticismo (mancanza di speranze nell’amore), a volte nel cinismo (prima o poi emerge il tradimento), che sono appunto le reazioni alla mancanza di amore. Diffidenti nei confronti dei genitori, diffidenti nei propri stessi confronti (indegni di amore), essi si sono segretamente ritirati dal mondo emozionale e si sono appoggiati alla dimensione del pensiero logico formale. Si fidano, anche se solo in parte, della logica formale e della ragione, e dunque non sorprende che abbiano sviluppato capacità di osservazione e cognitive particolarmente raffinate che tuttavia non li salvano dall’insicurezza cronica nella quale si trovano immersi. Nei test risultano essere intuitivi più che sensitivi, con prevalenza del pensiero sull’emozione e del giudizio precostituito sull’esperienza concreta e reale. Questa  tendenza al pensiero fa di loro una sorta di filosofi dell’enneagramma.

Essendo insicuri, oltre che nella ragione, i tipi 6 hanno tendenza a ricercare la loro sicurezza in regole rigide di comportamento o in ideali alti ed assoluti (idealizzazione). Oppure in persone reali che esercitano su di loro un potere rassicurante. Unitamente alla loro propensione accusatoria, sviluppata soprattutto in forma difensiva nei confronti dell’accusa interna (super io rigido) o in reazione alla pericolosità dei loro stessi bisogni percepiti, rischiano di diventare a loro volta non meno autoritari ed arbitrari dei loro genitori interiorizzati. Di fatto, la storia dell’umanità è costellata di esempi di personalità paranoidi che in momenti sociali incerti, caratterizzati da crisi di valori, mettendosi al servizio di ideologie assolute e attraverso il meccanismo dell’idealizzazione, hanno sedotto e controllato le masse, illudendole circa la possibilità di trovare una panacea universale nei confronti dell’incertezza del vivere. Contrariamente ai tipi 9, tutto sommato abbastanza docili, concreti e lineari, i tipi 6 sono dunque personalità introverse, riflessive e inclini alla ruminazione mentale, spesso con una forte tendenza interpretativa, diventano spesso labirintici, apparendo enigmatici e complicati.

Sull’altro vertice del triangolo troviamo invece la vanità dei tipi 3. Essi non hanno dubbi di sorta, sono anzi piuttosto efficienti e organizzati intorno al tema del piacere agli altri. Hanno infatti una vera passione a mostrarsi come le persone ideali nelle relazioni con gli altri. Nel tempo hanno imparato a costruire un’immagine positiva, gradevole, brillante, ottimista ed equilibrata. Risultano essere simpatici e di buona compagnia, degni di fiducia e considerazione positiva. Naranjo li colloca sul versante emotivo (isteroide-istrionico) dell’enneagramma per la loro seduttività intrisa di melodrammaticità controllata, sentimentalismo e romanticismo, ma sono anche capaci di comprensione empatica e interesse umano verso i propri simili. Il loro interesse è percepibile, anche se motivato dalla ricerca di conferme ed attenzioni personali. Non di rado hanno avuto genitori che li hanno spinti precocemente al successo, o al contrario, anche genitori distratti che non sono stati capaci di guardarli (in senso letterale), provocando in loro la ferita narcisistica che tentano di compensare in età adulta con atteggiamenti autocelebrativi.

Naranjo, che cita Ischazo nel descrivere la tendenza dei tipi 3 ad identificarsi totalmente nell’immagine costruita, parla di autoinganno. Prendendo a prestito da Fromm la definizione di personalità mercantile, definisce i vanitosi come particolarmente attenti a proiettare nel mondo la loro immagine di successo, immagine definita socialmente dai vari status symbol in voga nel momento dato. Si tratta di profili competitivi, tipici di chi è orientato alla ricerca e alla soddisfazione di standard sociali medio-alti e dunque hanno una certa spietatezza, una certa prepotenza, capacità di controllo, ansia e tensione continua che sono il correlato della lotta per il successo e della possibilità del fallimento sempre dietro l’angolo. Spesso rigidi nella manifestazione di una sessualità priva di reale e calda affettività, quando sono particolarmente calati nel ruolo, i tipi 3 possono arrivare a soffrire per frigidità o anorgasmia.

Un’altra ripartizione triadica all’interno dell’enneagramma: il tipo 9 è un tipo di azione (poco riflessivo); il tipo 6 è un tipo cognitivo, quindi poco predisposto al movimento fisico; il tipo 3 è un carattere emotivo, anche se controllato. Nell’enneagramma abbiamo dunque 3 tipi di azione fisica (1, 9, 8), 3 tipi di pensiero (5, 6, 7) e 3 tipi emotivi (4, 3, 2). Queste appartenenze sono sottolineate nel modello dalla contiguità fisica. Continuando con questa descrizione dei caratteri, possiamo ora esaminare il triangolo formato dal tipi 1 (ira), 7 (invidia), 4 (gola).

Il tipo 1, l’iroso, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare parlando di ira, non è un carattere apertamente aggressivo; piuttosto è un carattere che nasconde molto la propria rabbia interna, trasformandola in virtù espressa per mezzo di un azione virtuosa. Una virtù per niente celata ma attivamente proposta e manifestata. La sua collocazione, in alto, di fronte al 7, ci dice che si tratta di un carattere austero, che si difende dal piacere e dall’atteggiamento libertino del goloso con un surplus di virtù.

Naranjo definisce il tipo 1 come perfezionista e lo equipara al tipo ossessivo-compulsivo del DSM (Manuale Statistico Diagnostico). Per questo carattere, diffidente della leggerezza e del piacere, tra i tratti che ci aiutano a riconoscerlo abbiamo: un’affettività controllata, una vera passione per le regole e le gerarchie, una costrizione cognitiva (è poco fantasioso), un comportamento rigido ma anche parsimonia, che sconfina con la vera e propria avarizia, ostinazione ed una aperta convinzione di far meglio degli altri che può essere espressa nel motto “se non lo faccio io, non viene bene”. Si tratta di un carattere che oltre a rimuovere il piacere, rimuove anche ogni forma di aggressività, nascondendola sotto una veste di aristocratica gentilezza e di correttezza che si ammanta di buone intenzioni. Tuttavia, dietro il nobile contegno, si percepisce anche una sorta di tristezza, di vaga malinconia, di cinica rassegnazione. L’aggressività rimane inconscia e viene espressa ideologicamente attraverso la pretesa che gli altri si adeguino alle sue regole e al proprio modo di vedere la vita e per mezzo del disprezzo verso quelli che non si adeguano, disprezzo che in genere è molto forte. Si tratta di un dominatore, che domina con l’ideologia e la virtù manifesta. Appartengono a questa categoria i vari crociati e inquisitori e quelli che “lo faccio per il tuo bene: e come lo faccio bene io, non lo fa bene nessuno”.

Il tentativo di essere perfetti è riconducibile nel tipo 1 al desiderio originario di essere lodati per la propria bontà, che il perfezionista identifica con il “fare il proprio dovere e farlo per bene”. Essere buoni, in questo senso perfetti, è un modo socialmente accettato di guadagnarsi l’amore dei genitori che però sfugge di mano al perfezionista che, dovendo essere sempre buono per farsi amare, deve rinunciare ad una parte importante di se stesso: la propria rabbia. Sempre più arrabbiato e nell’impossibilità di esprimerla a causa della potente rimozione che attua, il tipo 1 finisce quindi con entrare in competizione con se stesso sul piano della bontà, fino a pensare “diventerò sempre più buono, il migliore e così non potrete fare a meno di riconoscermi e amarmi nella mia virtuosa superiorità”.

Perduto nel labirinto della propria mente, lontano sempre di più dall’amore autentico, che è invece accettazione dei difetti, tolleranza e accoglienza, nel tempo il tipo 1 viene convincendosi della propria virtù, della propria bontà innata e finisce con l’identificarsi totalmente con l’immagine che proietta nel mondo. Si tratta pertanto di un tipo ego sintonico, che non si percepisce veramente in difetto, ma che anzi appare particolarmente soddisfatto di se stesso. E’ dunque facilmente individuabile a causa della sua sicurezza e della sua arroganza intellettuale, che si manifestano come convinzione di stare sempre nel giusto e di doversi adoperare per il trionfo di tale supposta giustizia.

Il tipo 7, la gola, è al polo opposto e sul versante cognitivo della stella a 9 punte dell’enneagramma. Il goloso è un vero edonista e pone in primo piano la passione per il piacere in tutte le sue manifestazioni. Non si tratta dunque soltanto di cibo, ma anche del piacere della ricerca di ciò che è sempre nuovo, astruso, bizzarro o sorprendente. Seduttivo, al pari del tipo 2, il tipo 7 è un ottimo comunicatore, amante della parola che utilizza con astuzia per convincere gli altri della bontà dei suoi progetti.

Naranjo pone il tipo 7 tra i narcisisti e utilizza il termine ciarlatano per descriverlo e lo fa sulla base della convinzione che il goloso ha di essere destinato a grandi cose e sulla base dell’esibizionismo con cui manifesta tale convinzione. Il suo umore è spesso esuberante e carico di ottimismo verso i progetti futuri. Spesso appare presuntuoso ed arrogante, nonché sognatore ed edonista. Incapace di restare per troppo tempo nel progetto da lui stesso elaborato, il tipo 7 è sempre pronto ad elaborane di nuovi e ad attivarsi per realizzarli. In questo senso possiamo parlare di un tipo che appare sicuro e determinato ma che in realtà si difende da una profonda insicurezza e dalla timidezza, di modo che, tutta questa attività, ammantata di simpatica ed ottimistica presenza, altro non è che una strategia compensativa finalizzata a nascondere la sua tristezza e l’arroganza che gli deriva dalla convinzione di aver diritto di essere accudito e amato.

Nell’infanzia del goloso tipo 7, molto spesso compaiono genitori particolarmente permissivi ed anche un allattamento particolarmente prolungato. La permissività ha contribuito alla determinazione del carattere viziato del 7, che appunto non riesce a negarsi nessun piacere, ed anche all’idealizzazione dei genitori. Tuttavia, come si sa, ogni bel sogno finisce e così anche la realtà della crescita, con i doveri e le rinunce che impone, fa capolino nell’esistenza del 7, che per reazione sceglie di regredire all’atteggiamento di fiduciosa passività della prima infanzia, espresso nella frase “è tutto ok, andrà tutto bene, l’universo si prende cura dei suoi figli “.

Cedere ad ogni piacere è naturalmente soddisfacente e gratificante, ma in questo continuo evitare la sofferenza si nasconde la più insidiosa delle trappole: l’impossibilità a crescere, l’impossibilità ad essere completo e a pervenire alla propria verità profonda. Per questo il goloso tipo 7 viene anche riconosciuto come l’eterno Peter Pan, colui che non perviene mai ad una maturità reale.

All’altro polo del triangolo che stiamo considerando abbiamo l’enneatipo 4, l’invidia. Nell’invidia ciò che viene messo in primo piano è la percezione di insufficienza di sé e di mancanza di qualità positive e di amore. La persona invidiosa sembra aver perso ogni speranza in relazione alla possibilità di poter essere amata (aspetto tragico dell’esistenza), sembra convinta che non potrà mai ottenere per sé ciò di cui abbisogna (aspetto di indegnità) e che non potrà mai essere veramente felice, così come felici invece percepisce gli altri.

Molto spesso questa situazione emotiva del tipo 4, affonda le sue radici nell’infanzia, in episodi di perdita che si sono realmente verificati nella vita della persona. Può trattarsi della morte di uno o di tutti e due i genitori, di separazioni e divorzi, emigrazioni dei genitori, carcerazione, malattie che hanno costretto i genitori a periodi di lunghe degenze e via dicendo. Altre volte si è trattato di mancanza di cure adeguate da parte di genitori distratti, o eccessiva competitività di fratelli che hanno letteralmente sopraffatto la persona, togliendole ogni residua speranza di affermazione.

A tal proposito nella storia dei tipi 4 sembrano particolarmente presenti gli episodi di abusi familiari o di violenze sessuali da parte di parenti ed estranei. In conseguenza di tali vissuti, la persona perde la propria fiducia nelle proprie capacità e rinuncia a competere per l’affermazione personale. Spesso arriva a sentirsi umiliata, profondamente insoddisfatta e decisamente inferiore rispetto al resto dell’umanità.

La reazione di aggressività provata dal tipo 4 in reazione al sentimento di esclusione o di abbandono, reazione che può essere anche tanto forte da rasentare l’odio profondo nei confronti del bene che viene percepito come distante da sé, frustrante e finanche sadicamente vendicativo, è gravida di conseguenze distruttive legate soprattutto al sentimento di colpa cronico che è associato all’odio provato per l’oggetto buono ma distante.

In psicoanalisi il tema dell’invidia è molto trattato, essendo considerato da più autori, a causa del potenziale distruttivo, uno dei principali fattori di nevrosi. Freud per primo ha parlato di invidia del pene, tuttavia l’autore che più di tutti ha analizzato l’invidia è stato Melania Klein, che ha sottolineato il rapporto tra invidia (odio primitivo), tentativo di distruggere l’oggetto invidiato (la madre) e depressione. Il tentativo di aggredire e distruggere l’oggetto di amore, che si manifesta più avanti nello sviluppo come atteggiamento potentemente rivendicativo, oppure come atteggiamento fortemente lamentoso, porta con sé molti sensi di colpa, angosce di persecuzione e fantasie di riparazione che, se non elaborate, possono sfociare in conseguenze drammatiche per l’adattamento psicofisico della persona.

Di fatto, la psicologia del tipo 4 sembra essere molto ben descritta nel DSM (Manuale Statistico Diagnostico) come personalità borderline. I sintomi più comuni sono paura dell’abbandono, disregolazione emozionale (emozioni esageratamente amplificate), instabilità affettiva. Le loro vite appaiono caratterizzate da relazioni affettive intense e turbolente. Tutto il comportamento è caratterizzato da episodi di istrionismo con tendenza al protagonismo esasperato che non di rado sfocia in episodi di autolesionismo perlopiù con intenti soprattutto drammatici e di teatralizzazione.

Non a caso, altri autori parlano del tipo 4 come di un romantico-tragico. Non sono rari uso di droghe e farmaci antidepressivi per controllare e/o lenire i sintomi della depressione. Dal punto di vista psicodinamico, possiamo dire che la persona si identifica con una immagine interna svalutata ed arriva a idealizzare difensivamente tale immagine che pertanto viene investita di valore e dunque esibita, sia per necessità di autovalorizzazione disfunzionale (guarda come soffro: per questo sono degna di amore) sia in maniera manipolativa (se solo tu volessi, se solo mi amassi, allora io smetterei di soffrire) per colpevolizzare e costringere l’altro ad amarlo. Aggiungo soltanto che in genere i 4 sono molto creativi ed hanno un senso estetico marcato. Nel loro percorso evolutivo, quando arrivano ad accettarsi per quello che sono e ad autosostenersi, diventano degli ottimi accompagnatori emapatici e comprensivi per tante persone sofferenti.

Un altro triangolo che mi interessa descrivere è: 2 (orgoglio), 8 (lussuria), 5 (avarizia). Nel cristianesimo, la superbia di Lucifero è narrata come la causa che giustifica la necessità dell’inferno. Dunque il più terribile tra i peccati. Si insegnava ai miei tempi, al catechismo, come Lucifero si fosse ribellato a Dio in un eccesso di vanagloria e di presunzione totale e come disobbedendo a Dio fosse appunto precipitato nella condizione infernale.

Alcuni tratti del tipo 2, l’orgoglio, sono già abbastanza chiari: si tratta del senso di onnipotenza, dell’arroganza e del disprezzo. Un altro è ben intuibile. Il tratto fondamentale del diavolo è, infatti, la seduzione, il condurre a sé attraverso il tentativo di dare all’altro ciò che si suppone l’altro anela. I tipo 2 sono orientati al piacere, allegri, spiritosi, sensuali, intolleranti della disciplina e dei limiti. Aggressivi sessualmente, rischiano di diventare invadenti ed eccessivi. Ovviamente, il 2 che immagina di avere veramente tutto ciò di cui l’altro necessita, si propone come panacea e spesso non si accorge della sua invadenza e tende ad offendersi parecchio quando l’altro rifiuta le sue gentili proposte.

Naranjo colloca il tipo 2 tra i caratteri istrionici. Sono caratteri dominati dalla emotività labile ed espressa con reazioni esagerate, dal tentativo di attrarre l’attenzione su di sé, dunque egocentrici ed esigenti, nel senso che richiedono costanti attenzioni e rassicurazioni. Naturalmente l’uso manipolativo della sessualità è evidente e aperto. Sono perlopiù inconsapevoli dello stato di bisogno in cui si trovano. Pertanto hanno difficoltà a chiedere. Cercano di soddisfare i propri bisogni attraverso il dare che diviene appunto un mezzo di conquista dell’altro

Appartengono a questa categoria i grandi seduttori, le donne fatali, i conquistatori. Cesare, Napoleone, Alessandro Magno. Tra le donne ovviamente troviamo Cleopatra, Liz Taylor (fece partire i suoi funerali con 15 minuti di ritardo perché una grande donna si fa sempre aspettare), Madonna (cantante pop che si presenta sempre con una veste sessualmente provocatoria e luccicante), Rossella O’Hara (capricciosa e moralmente disinibita).

Tutta questa onnipotenza espressa con falsa gentilezza e falsa generosità (che nasconde spesso anche un disprezzo inconscio) è una difesa compensativa che l’orgoglioso attua nei confronti del rifiuto percepito nella prima infanzia. Si tratta anche di un modo di essere al mondo, condizionato da genitori che hanno valorizzato molto la graziosità dei figli. Possiamo immaginare dunque, come con questa falsa generosità, ammantata di gentilezza e graziosità, il tipo 2 stia tentando di ottenere un posto veramente speciale nel cuore dei genitori. E’ dunque un tipo che si valorizza attraverso l’interesse dell’altro. Appare evidente il parallelo con il tipo vanità e con il tipo invidia. Tutti e tre si valorizzano attraverso l’altro, anche se è molto diverso il modo in cui lo fanno. L’efficienza per il 3, la sofferenza per il 4 e la seduzione (adulazione) per il 2.

Il tipo 8, il lussurioso, è il carattere più dedito ad ogni tipo di eccesso ed anche il più insensibile e sadico dell’enneagramma. Si tratta di un tipo avido di tutto, che pone i suoi bisogni al di sopra di tutto. Immorale e privo di senso di colpa, non si aspetta niente di buono dalla vita e cerca di trionfare con la lotta, usando la propria forza fisica (spesso sono grandi e muscolosi), sfruttando gli altri con una astuzia che però non è mai tanto raffinata quanto ad esempio l’astuzia del goloso.

I tipi 8 sono interessati più di tutto al potere e sono interiormente spinti da esigenze vendicative e di dominio dell’altro. E’ facile intuire come queste persone abbiano alle spalle vite difficili. Spesso hanno avuto padri tiranni, o a loro volta duri e cinici che però hanno rappresentato modelli forti e vincenti per il figlio, che si è identificato con il genitore. Perdendo presto la speranza nell’amore hanno adottato la visione del potere personale, conquistato e mantenuto con energia brutale. Per queste persone, amore e potere sono equivalenti. Nel senso che i loro oggetti d’amore dovrebbero implicitamente accettare l’idea che in amore è consentita, e anzi piuttosto normale, una certa dose di sopraffazione.

Appartengono a questa categoria gli squali di ogni specie (finanzieri d’assalto, capitalisti selvaggi), gli psicopatici (bulli, mafiosi, ecc..), tiranni famosi come Enrico VIII, Stalin, Saddam Hussein. Tutti rudi, insensibili (Stalin in russo significa acciaio) e fortemente motivati al potere. Nei momenti di depressione, che insorgono quando in genere sono costretti dalla vita a prendere atto che il loro sistema può anche essere fallimentare, se si attaccano alla bottiglia possono diventare violenti e pericolosi. Per questo tipo 8, che rimuove la tenerezza e si nega la possibilità di riceverla, la strada appare quella molto difficile della passività e dell’introspezione dell’avaro 5.

L’avarizia del tipo 5 è collocata al polo opposto del triangolo. Come ormai sappiamo, significa che l’avaro contiene in sé la rabbia, la vendicatività e il desiderio di potere del lussurioso, difendendosene con l’inattività, così come il lussurioso si difende dalla passività dell’avaro con la sua iperattività. L’avarizia è una passione caratterizzata dal trattenimento. L’avaro manca di generosità, si trattiene dal dare, non soltanto il denaro, ma più in generale, si trattiene dall’agire apertamente e dal vivere le proprie emozioni perché nutre una segreta fantasia di svuotamento (teme di diventare povero) nel caso si lasciasse andare al desiderio.

Il tipo 5 sente di non avere sufficienti risorse e che se cedesse alla generosità ne uscirebbe gravemente danneggiato. Sembra dire a se stesso “ne ho così poco ed è così duro il mondo, così difficile nutrirsi che se perdo anche quel poco che ho sarà difficile che io sopravviva”. Disperando di poter ottenere l’amore egli rinuncia. E lo fa isolandosi dal mondo.

L’idea di essere soli compare abbastanza precocemente nella mente dell’avaro tipo 5. Spesso si tratta di persone che nell’infanzia non hanno avuto modo di stabilire relazioni  gratificanti. Soprattutto, non sono mai riusciti a stabilire una relazione profonda e gratificante con la madre. A volte a causa dell’assenza fisica della madre, altre volte a causa di madri incapaci di stabilire legami positivi. Madri invadenti o troppo manipolative, incongruenti nella risposta ai bisogni del bambino. In tutti i casi il bambino capisce ben presto di essere solo e si autorganizza per sopravvivere nel migliore dei modi da solo.

Naranjo colloca il tipo 5 tra gli schizoidi: indifferenza per le relazioni sociali, indifferenza alle lodi o alle critiche (pensate al contrario al problema opposto dei narcisisti), quasi nessuna amicizia, pochissimi rapporti. Si tratta di introversi con predominanza di intuizione sulla sensazione, del pensiero sul sentimento e della percezione sul giudizio (vivono molto nel presente e tendono a restare colpiti dall’estemporaneo generalizzandolo).

Un altro tratto che viene frequentemente descritto nei tipi 5 è la ipersensibilità: incapaci di difendersi dalla ipersensibilità emozionale, essi hanno preso le distanze dai propri sentimenti. Significa che l’avaro scinde il contenuto emotivo da quello mentale e si isola dentro se stesso, in un mondo compensativo fatto soprattutto di pensieri. Tanti pensieri e ben poca vita reale. In questo mondo iperprottetto dall’esterno ma irreale, dominano il senso di vuoto, la colpa, la paura di perdere il poco amore che c’è, la paura di essere invasi (sindrome del castello assediato), l’ascetismo, la sfiducia e la disistima di sé.

Appare chiaro che ciò di cui necessita il tipo 5 non è tanto di essere amato quanto soprattutto di poter sviluppare le proprie risorse attive (capacità di azione, amore, forza, coraggio, presenza e consapevolezza) e di potersi abbandonare con fiducia al flusso della vita.

In conclusione, possiamo dire che ogni tipo dell’enneagramma è identificato con un ruolo o una immagine interna fino ad arrivare a credersi giusto, povero, insicuro a seconda del carattere sviluppato. Più specificamente si identificano:

  • Il tipo 1 con l’immagine del giusto
  • Il tipo 2 con l’immagine del seduttore o della seduttrice incallita
  • Il tipo 3 con l’immagine del vincente
  • Il tipo 4 con l’immagine del perdente cronico
  • Il tipo 5 con la povertà, la scarsezza cronica
  • Il tipo 6 con l’insicurezza
  • Il tipo 7 con l’immagine dell’eterno Peter Pan
  • Il tipo 8 con l’immagine del potente
  • Il tipo 9 con l’immagine del buono che si sacrifica.

Tutte queste identificazioni, che consentono l’assunzione di ruolo, sono difensive rispetto alla mancanza di amore e, paradossalmente, perpetuano la mancanza che cercano di esorcizzare.

Ognuno, inseguendo come in un deserto il miraggio di un amore da conquistare all’esterno o da preservare all’interno, attraverso il comportamento sviluppato, si allontana dalla unica vera fonte di amore, quell’essenza da cui ci siamo allontananti progressivamente a partire dalla nascita e che ci appartiene intimamente. Qualcosa che è dentro di noi, nascosta alla mente funzionale ma non agli occhi del cuore: la mente olistica.

Uscendo dai ruoli stereotipati, rischiando e aprendosi al mistero dell’amore autentico, ognuno scopre di essere altro da quello che credeva di essere e, lungi dal diventare più povero, insicuro, ecc, in realtà diventa sempre più tranquillo e sicuro di sé, meno spaventato e più felice di esistere.

Dott. Lucio Buonomo/ Psicologo-Psicoterapeuta

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